Giovanna continua il suo racconto…
E poi passarono i giorni. Senza che Necrode desse corso a ciò che aveva minacciato. Altri incendi erano scoppiati, vecchi libri scomparsi. Quasi ogni sera, all’uscita dalla scuola andavamo a consolare il Capataz.
Ormai parlava di un solo dizionario, il suo preferito, Il Grande dizionario etimologico.
“Sapete perché? Perché, grazie a lui, io vado a spasso nel tempo. L’etimologia è lo studio delle origini delle parole. Volete un esempio? Aspettate che frughi nella memoria, ecco. Riuscire, quando è usato nel senso di “riuscire nella vita, avere successo”. Il punto di partenza è uscire, “andare fuori”. Il significato è variato nel corso dei secoli e siamo arrivati a riuscire. A cosa vi fa pensare riuscire?

“A un sacco di soldi”.
“A uno con un grosso sigaro”.
“A una bella bionda”.
“Si, bellissima”.
“Io immagino una casa enorme, protetta da muraglie e telecamere per tenere alla larga i ladri”.
Il Capataz si divertiva.
“Pensate com’è strano: all’inizio, uscire significava andare fuori. Oggi riuscire significa fare di tutto perché nessuno entri!”

La nostra maestra non è una persona irresponsabile. Non ci ha scagliati nella battaglia senza riflettere. Ha chiesto il consenso di ognuno di noi e abbiamo applaudito in punta di dita la vittoria schiacciante del si.
E abbiamo cominciato la nostra formazione accelerata. Come potete constatare la Lorenzini ha una mente logica. “Non si difende il proprio Paese se non si ama il proprio Paese. E non si ama il proprio Paese se non lo si conosce. Conoscete il Paese delle parole?”
“… E’ bene prepararsi con cura. Cos’è una parola?”
“E’ un suono o un gruppo di suoni”
“E’ una finestra”.
“Una parola è qualcosa di preciso. Indica una cosa fra tutte le altre cose. È come una finestra: inquadra; mostra soltanto un pezzo del giardino”.
“Una parola è come un nome e cognome. Permette di sapere di cosa si parla”.
“Le parole sono armi”.
“O dichiarazioni d’amore”.

“Strumenti per capire”.
“o per fare”.
“O per rifiutre di fare”.
Nessuno poteva più fermarci.
“Le parole sono come francobolli, dei quadretti, dei concentrati”.
“Forse sono le nostre migliori amiche!”
“Ci permettono di scegliere i cibi al ristorante. Senza di loro, si prenderebbe sempre lo stesso piatto”.
Ciascuno sviluppava l’idea degli altri. E pian piano ci rendevamo conto dell’utilità delle parole. Che amiche insostituibili!
La Lorenzini aggrottò le sopracciglia per darsi un’aria severa: ”Su, su, la lezione continua! In molti Paesi, in molte epoche, certe autorità, certi religiosi, certi politici hanno guardato i libri con sospetto. Tanto che alla fine li hanno bruciati. Ciò che stiamo vivendo noi è peggio”.

“Cosa intende dire?”
“Se perdiamo le parole, non ci sarà più bisogno di bruciare i libri”.
Noi, gli alunni dell’arcipelago, non siamo tipi che subiscono senza reagire.
“Ci batteremo!”